Le formulazioni di sviluppo secondo gli economisti Joseph Schumpeter e Amartya Sen possono essere illuminanti nell'introdurre il tema. La prima è utile a comprenderne la meccanica e le dinamiche, la seconda ad allargare il campo visuale, umanizzandolo e riferendolo a ciò che deve essere considerato riguardo l'individuo, oltre il solo profilo economico o reddituale.
- per Schumpeter è "uno spontaneo ed improvviso mutamento dei canali del flusso", "una perturbazione dell'equilibrio che altera e sposta lo stato di equilibrio precedentemente esistente […] mediante l'introduzione di nuove combinazioni" (1912).
- per Sen "l livelli di reddito della popolazione sono importanti, perché ogni livello coincide con una certa possibilità di acquistare beni e servizi e di godere del tenore di vita corrispondente. Tuttavia accade spesso che il livello di reddito non sia un indicatore adeguato di aspetti importanti come la libertà di vivere a lungo, la capacità di sottrarsi a malattie evitabili, la possibilità di trovare un impiego decente o di vivere in una comunità pacifica e libera dal crimine." (1999)
Contestualizzando questi concetti alla dimensione locale, possiamo immaginare il campo d'applicazione come non precisamente circoscritto, vista la loro universalità. Sicuramente possono essere validi ed applicabili alle diverse scale territoriali e/o globali. In questo consiste la loro bontà: nella generalità del principio che li costituisce e che li rende applicabili alle differenti dimensioni considerabili. Sono buoni principi! Potrebbero essere utilizzati nella definizione di politiche di sviluppo dal quartiere all'area vasta.
Locale, il luogo, è quindi il campo d'azione in cui si svolgono le dinamiche dei "flussi" di Schumpeter.
Queste dinamiche devono essere rivolte al conseguimento del bene comune di chi ne è coinvolto, di chi occupa la scala locale osservata, innescando circoli virtuosi che ne determinino il conseguimento ai vari livelli della sfera del vivere. Perseguendo uno sviluppo "umano", come teorizzato da Sen.
Gli attori che devono rendersi protagonisti del raggiungimento di questi obiettivi devono essere sia quelli formali che quelli informali, dove per formali possiamo riferirci alle istituzioni riconosciute nel territorio di riferimento, le quali, attraverso la loro azione di governo possono canalizzare le risorse, proporre e accettare suggerimenti agli e dagli attori informali, di chi cioè pone le sue istanze a chi esercita la governance. Quindi è attraverso l'induzione di "flussi" virtuosi tra gli attori partecipanti, la collaborazione, che possiamo conseguire uno sviluppo locale collaborativo.
L'obiettivo deve essere quello di un sistema in grado di accogliere le dinamiche locali indirizzandole, monitorandole, informando riguardo il loro svolgimento, auto correggendosi quando necessario, per permanere in tensione nell'ambito di una circolarità virtuosa, prestando costantemente attenzione a non cadere nei pericoli dei "flussi" negativi, quali dissenso diffuso e conflitti sociali.