martedì 27 aprile 2010
L’evoluzione del concetto “AMBIENTE”
Per molto tempo con il termine “ambiente” si è indicato il risultato di una serie di processi essenzialmente naturali, considerati all’origine di tutto ciò che è intorno all’uomo.
Il termine “ambiente” deriva dal latino ambiens, che significa circondare. Lo stesso prefisso amb (simile al greco amphi) indica “intorno, da ambo i lati”. Praticamente identica è l’etimologia in altre lingue europee: in inglese environment deriva dal francese envìronnement vocabolo composto dal prefisso en (intorno) e dal verbo virer (girare), in tedesco Umwelt, è composto dal prefisso um che precede il sostantivo Welt (mondo), indicando “ciò che sta intorno”.
Nelle diverse etimologie del termine riconosciamo quindi un significato antropocentrico, in cui l’uomo non è visto come parte integrante della biosfera, ma come entità e fattore che, pur al centro del mondo, ne risulta in realtà esterno, capace di plasmare e gestire un “ambiente” creato appositamente per le proprie necessità e in virtù delle superiori doti intellettive.
Tale visione antropocentrica si è modificata dalla seconda rivoluzione industriale dell’ottocento e in particolare dal secondo dopoguerra. La crescita demografica, lo sviluppo di tecnologie a forte impatto, le maggiori conoscenze scientifiche e la diffusione delle opinioni di massa, hanno determinato una maggiore consapevolezza dei rischi che l’uomo corre. In questo contesto si creano i presupposti per una nuova immagine disinteressata dell’ambiente o visione estetica della natura che, liberata dalle sue funzioni produttive assume un valore intrinseco, la cui salvaguardia non dipendeva più dall’azione esclusiva dei governanti, ma diventava il frutto di rivendicazioni sociali. In questo clima culturale si collocano i primi episodi di tutela pubblica della natura, sollecitati dagli sconvolgenti effetti sociali e ambientali provocati dalla nuova era industriale, alla quale progressivamente si opponevano.
Nonostante il concetto di ambiente evolva verso un sistema da tutelare e non solo da sfruttare, tra 1700 e 1800 vi è una totale latitanza del diritto dell’ambiente a livello internazionale, in quanto ancora non è chiara la responsabilità e l’urgenza di intervenire in tal senso. L’esigenza di sviluppare un diritto dell’ambiente internazionale matura dopo la seconda guerra mondiale, e non è un caso che le grandi sensibilità collettive di tutela si siano sviluppate laddove maggiori sono stati i casi di danni alla collettività. Tra i principali disastri del ‘900 ricordiamo:
-1952 Grande smog (Londra) molti casi di morte determinano una riflessione sullo sviluppo dell’industrializzazione;
-1967 Petroliera Torrey Canyon (Cornovaglia, Gran Bretagna);
-1976 Nube di diossina a Seveso (Italia);
-1986 Esplosione della centrale nucleare di Chernobyl (Ucraina).
A partire dagli anni 60/70 del XX secolo, quando la comunità internazionale percepisce la complessità della situazione ambientale, l’ambiente diventa fonte di ispirazione normativa a tutti gli effetti a livello internazionale.
Va precisato che la formulazione (e tuttora la costante riformulazione) del diritto internazionale in materia ambientale, è basata sulla natura transfrontaliera dell'inquinamento. Per questo attualmente tutto quanto il diritto ambientale si basa su due principi:
1. il dovere di cooperazione tra gli Stati, senza la quale non possono essere sviluppati programmi di gestione ambientale su aspetti transfrontalieri;
2. il diritto alla conoscenza e alla tutela è svincolato dal paradigma “proprietà” (ricordiamo ad esempio il diritto che un cittadino italiano ha, in un paese in cui il nucleare è vietato, di essere a conoscenza delle modalità di gestione delle centrali nucleari francesi a pochi chilometri dal confine).
Sofia Burioli, Debora Costa, Mauro Cossu, Gloria Velasquez.