Il recente terremoto in Abruzzo ha segnato gli Italiani con tragiche immagini di distruzione ed ha acceso enormi dibattiti tra chi è, o si sente, coinvolto nella ricostruzione.
Il coinvolgimento si sviluppa in vari livelli: da un lato i tecnici ed i progettisti sono chiamati a mettere in pratica le loro competenze; dall'altro i cittadini attendono di ricostruirsi una vita. Ci sono poi gli spettatori, come noi del resto, che si sentono coinvolti nelle riflessioni sul come e cosa fare. Ci poniamo quindi alcuni interrogativi.
La prima grande questione, riguarda il trade-off tra l'agire ricostruendo tempestivamente ed il prendersi del tempo per "ri - progettare" il territorio abruzzese. Il Governo parla di "ricostruzione accelerata", ponendo l'accento sull'esigenza di efficienza e rapidità degli interventi. Sorge spontaneo il domandarsi se questa sia effettivamente la risposta più adeguata. Un'ottica di lungo periodo implica una pianificazione accurata.
Se da un lato, infatti, risolvere quanto prima il problema degli sfollati porta ad un vantaggio dal punto di vista dei costi che lo Stato deve sostenere, dall'altro è strettamente legato ai rischi di una ricostruzione frettolosa sul piano della qualità degli edifici e nella progettazione del territorio interessato.
Altra questione riguarda la scelta fra il ricostruire tutto come prima, mantenendo le precedenti destinazioni d'uso degli edifici e la struttura spaziale urbana, oppure ripensare gli spazi terremotati. In altre parole, ricostruire o costruire? Il Governo, propone di ricostruire nuovi nuclei sul modello delle "new town" inglesi o dell'italiana "Milano 2",al di fuori degli attuali centri abitativi distrutti. Questa soluzione, la più economica e veloce, comporterebbe oltre all'urbanizzazione di nuovo spazio, l'abbandono dei centri storici, espressione dell'unità culturale delle città e testimoni del passato e delle tradizioni.
Una diversa proposta, condivisa da molti, è quella di considerare il vuoto lasciato dal terremoto come un'occasione per ricostruire meglio di prima. Ricostruire sugli insediamenti precedenti, modificando, dove necessario e vantaggioso per la viabilità, il tessuto urbano. Puntare alla conservazione del patrimonio storico, avere anche il coraggio di demolire i quartieri a rischio di nuovi sismi e, soprattutto, pensare a nuove destinazioni d'uso ed organizzazioni spaziali per quei piccoli centri spopolati, svuotati e in qualche caso degradati.
Importante: la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali che riguardano il territorio attraverso la concertazione di piani di recupero e ricostruzione, migliora il progetto, crea e rinsalda il capitale sociale e le reti di interazioni tra le persone coinvolte. Ciò contribuisce alla ricostruzione, non solo fisica, di una comunità distrutta, i cui membri, da protagonisti passivi della catastrofe naturale, diventano soggetti attivi di un progetto di valorizzazione del bene comune.
Link:
http://eddyburg.it/article/view/12991/
http://geograficamente.wordpress.com/2009/04/09/come-e-dove-ricostruire-dopo-il-sisma/
http://www.corriere.it/cronache/notizie/aprile_2009_3.html
Benedetto Botturi, Tatiana Fonti, Elisa Leggieri, Emilia Manfredi,
Paola Miranda Morales, Francesca Palli, Mariana Rietti, Ornella Sottile