lunedì 27 aprile 2009

Il modello dell'oasi

Pietro Laureano (www.laureano.it), architetto ed urbanista si occupa da quasi 20 anni di zone aride, ecosistemi in pericolo (di cui è anche consulente UNESCO) e civiltà islamica. I suoi studi dimostrano come le oasi non siano eventi fortuiti o occasionali, ma il frutto di attenta organizzazione degli spazi e della gestione delle limitate risorse offerte dall'ambiente.

Nelle oasi si realizza un perfetto equilibrio tra uomo e ambiente che può essere preso come modello di quella che è la città sostenibile.

L'organizzazione dei territori è il risultato di conoscenze tradizionali in particolare nell'uso e gestione delle risorse idriche. Come presidente per 5 anni della UNCCD (Unite Nations Convention to Combat Desertification) ha lavorato alla creazione di una banca dati di quelle che sono le conoscenze tradizionali suddivise per varie tematiche (http://www.mappeonline.com/unesco/atlas/).
Come egli stesso ammette si tratta di un inventario rispondente alle necessità della cultura occidentale -eurocentrica di classificare operando delle separazioni per obbiettivi laddove queste sono originariamente inserite in un complesso socio-culturale in cui sono strettamente intrecciate.
L'efficacia delle conoscenze tradizionali dipende imprescindibilmente da questo fattore, cioè dal fatto di essere parte di un tutto. La comprensione di questo fattore si rivela decisivo anche nel momento in cui si interviene nei lavori di progettazione /ristrutturazione.
L'oasi è intesa come una realizzazione artificiale dovuta alla perfetta conoscenza ambientale. Nel deserto il contesto ambientale di aridità è interrotto da situazioni specifiche che creano nicchie e micro ambienti in contrasto con il ciclo complessivo. Una piccola depressione raccoglie umidità, un sasso dà ombra, un seme attecchisce. Si scatenano così dinamiche favorevoli: la pianta genera la sua stessa protezione ai raggi del sole, concentra il vapore acqueo, attira gli insetti, produce la materia biologica, costruisce il suolo da cui a sua volta si alimenta. Si crea una sistema biologico utilizzato da altri organismi che arrecano il loro contributo. Si attua una simbiosi, un microcosmo, frutto della co-esistenza. Utilizzando questi processi le genti del Sahara realizzano le oasi. Alla loro origine c'è spesso una singola palma piantata in uno scavo del terreno e circondata da rami secchi che la proteggano dalle sabbie. Con il tempo si sviluppano estese coltivazioni lungo canyon terrazzati o arcipelaghi verdi immersi tra le dune grazie a diversificate e complesse tecniche di produzione idrica, organizzazione del territorio e determinazione del microclima.
Il processo può essere assunto come modello e si può generalizzare il termine oasi a tutte le situazioni, anche in area non desertica, di creazione di isole di vivibilità secondo la seguente definizione: oasi è un insediamento umano in situazioni geografiche inclementi che utilizza risorse rare, disponibili localmente, per innescare un'amplificazione crescente di interazioni positive e realizzare una nicchia ambientale fertile e auto sostenibile le cui caratteristiche contrastano l'intorno sfavorevole (Laureano 1988).
Il modello dell'oasi si propone quindi come teoria. Lo studio dei processi di stretta associazione uomo natura capaci di creare ecosistemi autopoietici, vale a dire in grado di perpetuarsi e rigenerarsi continuamente. All'alba del terzo millenio quando l'intera ecologia planetaria risulta minacciata da uno sviluppo inconsiderato e pervasivo, il modello dell'oasi traccia un'ipotesi di progettualità e cooperazione basata sulla simbiosi e l'alleanza.


Blandolino Sara, Tinella Roberto, Simboli Nicola, Secco Fenanda, Groppo Valeria, Priscilla Bitencourt, Valentino Aleotti, Francesca Indolfi.